Pillola a cura del Dottor Stefano La Commara
Con la sentenza n. 647/7/2025, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Calabria, Sezione 7, ha stabilito che i crediti delle imposte pagate all’estero vanno riconosciuti anche in assenza di una attestazione formale rilasciata dall’autorità fiscale del Paese estero, se tale circostanza emerge dalla certificazione rilasciata dal datore di lavoro che agisce come sostituto di imposta.
La vicenda nasce dalla presentazione di un ricorso avverso il silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso avente ad oggetto il riconoscimento delle imposte versate all’estero, in ragione del diritto riconosciuto dall’art. 165 del TUIR.
Secondo quanto disposto dall’art. 165 del TUIR, il riconoscimento del credito per le imposte estere, nel rispetto del principio del divieto di doppia imposizione, non impone nessun obbligo tassativo di fornire la prova del pagamento a titolo definitivo delle imposte estere attraverso una certificazione formale rilasciata dall’autorità fiscale esterna, quindi viene ritenuta sufficiente la certificazione unica dei redditi rilasciata dal datore di lavoro estero intervenuto come sostituto di imposta, unitamente alla dichiarazione dei redditi presentata nello Stato estero.
Nella medesima materia è recentemente intervenuta la Suprema Corte di Cassazione mediante l’ordinanza n. 10462/04/2025, con la quale ha affermato che il divieto di doppia imposizione, fondato su obblighi internazionali assunti dallo Stato italiano, comporta il riconoscimento di un credito di imposta ai contribuenti, residenti fiscali in altro Stato, per le imposte già assolte all'estero e l'omessa presentazione della dichiarazione dei redditi o l'omessa indicazione del reddito estero nella dichiarazione dei redditi, presentata in Italia, non opera come causa di decadenza da detto beneficio fiscale.
Pertanto oggi, con l’abrogazione del vecchio art. 15 TUIR, trasfuso nell’ art. 165 del TUIR che non dispone una espressa decadenza come veniva fatto in passato, il contribuente può recuperare il credito nell’ordinario termine di prescrizione decennale previsto dall’ art. 2946 del codice civile.
In tal senso, nel caso di specie, la suddetta Corte di Giustizia Tributaria ha riconosciuto il diritto al rimborso del contribuente e rigettato l’appello avanzato dall’Agenzie delle Entrate, con condannata alla refusione delle spese giudiziali.